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Horror Notes #1: Guy De Maupassant, il grande pazzo l'autore e il suo racconto LA MANO

11/18/2015

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HORROR NOTES #1
Tra le Viscere delle Storie del Terrore

Guy De Maupassant, il grande pazzo

l'autore e il suo racconto LA MANO
di Paolo Di Orazio

Forse mai, come in questo caso, la realtà, la fantasia, la prosa di uno scrittore vivono una catartica simbiosi con un racconto e un mito in un solo corpo. Rivolta una simile risonanza almeno per un istante a Giacomo Leopardi e la sua Silvia, a Ugo Foscolo e Zante, il racconto La Mano di Maupassant, esemplare letterario di un romanticismo umanista che ha già preferito ai nobili sentimenti dell'amore (sacro e impuro) l'abbandono alle orde nichiliste del sovrannaturale, rappresenta un tesoro tridimensionale apprezzabile anche dai non amatori della narrativa del terrore.
In un momento in cui nei paesi anglosassoni autori come John Polidori, Sheridan Le Fanu e Mary Shelley hanno consolidato le basi profane del Necro-Romanticismo (tra vampiri, tombe e cadaveri e la sensualità della carne viva), Guy De Maupassant (nato a Fécamp nel 1850) conosce a sedici anni uno stravagante poeta, Charles Swimburne. Dei loro incontri, non proprio secondo costume, nella villa vacanziera dell'amico, a Maupassant resta un souvenir che genererà in lui a vita una fascinazione profonda e morbo-affettiva: una mano mozza mummificata. Quella carogna ispira il suo primo titolo, La Mano scorticata, e sarà così apostrofata da uno dei personaggi attorno al protagonista del racconto. E come sarà possibile leggere nel 1875 su «L'Almanach Lorrain», debutto editoriale di un tal Joseph Prunier, alias Guy De Maupassant. Romanziere realista e fantasista, drammaturgo, viaggiatore, malato di sifilide ed emicranie insopportabili, fallisce tre tentativi di suicidio e muore celebre in una clinica nei pressi di Parigi nel 1893.

Cronaca di un fumetto dell'orrore
un grande racconto diventa un piccolo classico

Esiste un secondo racconto di Maupassant che ha per titolo La Mano, risalente al 1883. A quanto pare, il trofeo umano sembra davvero aver segnato la vita dello scrittore francese, forse con un influsso fatalista esoterico (sofferenza in cambio del successo), o più scetticamente come musa ispiratrice. Fatto sta che il primo La Main d'écorché e il successore La Main si animano grazie alla medesima reliquia e altre piccole similitudini, come se il racconto dal titolo mozzo fosse una sorta di remake di quello d'esordio o probabilmente una prosecuzione da incubo investendo i nuovi personaggi come una maledizione tra un racconto e l'altro.
Marco Baratelli e Alfredo Castelli, tra il 1968 e il 1970, sono una coppia molto attiva nell'ambito dell'editoria a fumetti e insieme al brillante disegnatore Carlo Peroni formano una triade d'assalto inimitabile, produttiva più sul fronte dello humour che su quello dell'orrore – ma poco importa. La Mano esce per la prima volta sul periodico mensile «Horror», il n. 4 del marzo 1970 (anno in cui Baratelli scompare prematuramente). I due sceneggiatori firmano il fumetto specificando che è liberamente tratto da. Nota assolutamente onesta. Innanzitutto, la vicenda è spostata in un contesto angloamericano e spogliata dei personaggi e delle situazioni originali quasi completamente. Ambedue i racconti vivono di atmosfere rarefatte e sviluppo situazionistico dall'afflato evocativo e suggestivo. Per una riduzione a fumetti, visto il contenitore di destinazione (raccolta di brevi liberi), tali elementi non potevano essere riproposti ma rigenerati a partire da un solo centro focale: la mano.
Come se la carogna avesse cambiato un padrone dietro l'altro, sin dall'inizio della sua esistenza, Baratelli e Castelli la consegnano ai giorni nostri al povero Rowland, apparentemente un assassino seriale, e il suo avvocato (forse un discendente del giudice istruttore Bermutier del racconto letterario). La vicenda a fumetti ribalta la sessualità della reliquia d'origine, la intride di sensualità conficcando nel noir più estremo il rapporto tra la mano e il protagonista, fino a lambire i connotati paranoici, se non sfruttandoli quasi completamente, di un terzo racconto di Guy De Maupassant, La Chioma (del 1884); che con intenso realismo e spettrale innocenza ci lascia spiare l'incanto amoroso di un uomo per la ciocca di capelli di una donna defunta e sconosciuta.
Quelli di «Horror» sono anche gli anni del fumetto sexy e sexy-horror. Castelli e Baratelli riassumono le più perverse suggestioni di Maupassant nel risultato eccelso di una storia horror-noir in cui la necrofilia sposa il sovrannaturale senza turbare il lettore.
Conferendo alla Mano un ulteriore aspetto. Che Maupassant il pazzo avrebbe senz'atro gradito.

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Una delle più belle copertine della leggendaria collezione Gino Sansoni, 1970, realizzata da Marco Rostagno

La Terza Mano

Popolare serie televisiva degli anni Sessanta (e cartoon nel 1972, '92 e '98), La Famiglia Addams presenta tra i suoi indimenticabili componenti una mano mozza, divertente avanzo di zombi che dorme in una scatola e scorrazza in allegria da un'avventura all'altra sulla punta delle dita. Nella riduzione maupassantiana a fumetti di cui sopra, La Mano potrebbe considerarsi un omaggio visivo e diretto alla sinistra famiglia di mattatori horror dello schermo, dal momento che Castelli e Peroni hanno già dato vita alla brillante serie Zio Boris, parodia lampante de Gli Addams e di Bud Abbott e Lou Costello, meglio noti come Gianni e Pinotto, gli Stanlio e Ollio dell'orrore.

La mano della Famiglia Addams, chiamata Thing, diminutivo giocoso di fingers (dita)
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